Villa Bonaparte

Villa Bonaparte
Il Bonaparte iniziò un’opera di acquisto di terreni e palazzi che sorgevano nell’area designata ad accogliere la sua dimora. Per far posto alla struttura molte abitazioni del borgo vennero quindi abbattute e la sua principale porta d’accesso fu addirittura inglobata (oggi ancora visibile) nel corpo di fabbrica della nuova villa. Il cantiere prese il via nel 1826 e l’architetto incaricato fu il giovane sanseverinate Ireneo Aleandri (1795-1885). Il Bonaparte, che si trovava sul territorio già dall’anno precedente, attese la conclusione della propria abitazione (avvenuta nel 1829) soggiornando a Fermo. Terminati i lavori, il Bonaparte fece arrivare da Trieste, dove precedentemente risiedeva, i mobili (in bello stile impero) e le suppellettili per arredare la nuova residenza. Poi, di lì a breve, arrivarono a Porto San Giorgio tutti i familiari del Bonaparte: sua moglie Caterina e i loro tre figli. Girolamo Bonaparte rimane a Porto San Giorgio anche dopo gli avvenuti moti rivoluzionari degli Stati Pontifici del 1831. Nel 1832, tuttavia, il principe (e tutta la sua famiglia), dovette, lasciare le Marche. La villa, nel 1834, ormai orfana della “corte reale”, venne acquistata dalla Camera Apostolica. Nel 1835, infine, la proprietà venne acquistata all’asta (con tutto l’arredamento originale) dalla famiglia del conte Luigi Pelagallo. Il fabbricato ha una forma ad “U” con un cortile quadrato aperto verso ovest e la facciata principale rivolta ad est. Lo spazio antistante rivela un giardino pensile (all’italiana) a semicerchio, delle palme, una scalinata esterna, un viale con lecci e una via d’accesso in curva. Il prospetto, invece, si presenta perfettamente simmetrico con un ampio portico a tre arcate sormontato da tre portefinestre (che si aprono su di un piccolo balcone corrispondente al piano nobile della villa), con alla sommità delle mensole che sorreggono dei timpani, sormontate a loro volta da ulteriori tre semplici finestre. Si notano degli elementi decorativi sia negli angoli della facciata sia tutto intorno alle tre arcate del portico. Ulteriori elementi decorativi, fregi con trofei marziali (che onorano la guerra e le imprese militari), si intervallano a cadenze regolari sulle superfici vuote tra finestra e finestra. Nel giardino, infine, troviamo dei vasi in marmo con le iniziali del Bonaparte. Scoprendo il lato nord dell’edificio, arriviamo, tramite una scalinata, all’orangerie, realizzata dall’architetto fermano Giambattista Carducci per la famiglia Pelagallo. L’orangerie è una costruzione architettonica, tipica delle ville, i cui spazi interni venivano adoperati per conservare nel periodo invernale, tramite il mantenimento di una temperatura mite e costane, gli agrumi e/o altre piante da frutto (anche piante esotiche). L’orangeriesi sviluppa su tre piani. Al pianterreno abbiamo le stalle, al primo una serra priva di vetri e al secondo l’alloggio del custode. La decorazione della facciata, realizzata anch’essa dal Carducci, rispetta le scelte formali adottate precedentemente per la villa dall’Aleandri. La soluzione decorativa dell’architetto fermano si presenta con un bugnato liscio che copre quasi tutta la superficie, e, nella parte alta, contorna cinque finestroni a tutto sesto, che, a loro volta, sono sormontati da sei piccole teste leonine. Dietro la villa e l’orangerie, si scorge, circondata da un ampio parco, una fontana con un pannello dal soffitto a forma di conchiglia e di fronte ad essa si trova una balconata per il passeggio. All’interno la villa si sviluppa su quattro piani (esternamente se ne notano tre perché i primi due sono più bassi e si affacciano sotto l’altezza del portico stesso; questo permette al salone d’onore di avere un’altezza di ben otto metri). Entrando dal portone principale, dopo un atrio con dei resti lapidei, ci imbattiamo in due rampe: quella a sinistra porta verso il mezzanino, quella a destra, invece, porta verso lo scalone d’onore, che, a sua volta, conduce al piano nobile. Il piano nobile è organizzato: il salone d’onore (dalla già menzionata doppia altezza), la sala da pranzo e due piccoli salotti corrispondenti. Le altre sale, poste lungo le ali laterali, hanno una forma esagonale e circolare. Quella circolare, dove si nota il pavimento lenticolare più basso al centro di otto centimetri per fungere da cassa armonica, era la sala destinata alla musica. Le decorazioni interne della villa presentano dei motivi ornamentali a grottesche. Negli affreschi monocromi del salone d’onore troviamo: al centro della volta gli stemmi reali di Westfalia e del Wurttemberg mentre agli angoli dei trofei d’armi (affini a quelli che sono rappresentati sulla facciata della villa) collegati mediante motivi a voluta che nascono da delle aquile e dai quali si levano delle coppie di vittorie alate. Non sappiamo chi realizzò le decorazioni interne del primo e del secondo piano. Non risulterebbe inverosimile, però, attribuire le decorazioni della villa, soprattutto quelle del salone da ballo, ad Antonio Panfili. Purtroppo le informazioni su questo pittore sono scarse. Si può considerare la possibilità, senza rischiare l’eresia, che il Panfili possa essere un nipote (o comunque un familiare) di un altro artista sangiorgese, Pio Panfili.
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